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Alle fronde dei salici

Di Anna Ricci

Mai è stata tanto attuale a mio avviso questa lirica, composta da S. Quasimodo nel 1946 alla conclusione del secondo conflitto mondiale.
Un esempio di testamento civile, un richiamo alle coscienze di fronte all’orrore della guerra e dell’occupazione nazista.
Il poeta si rifà al salmo 136 della Bibbia e rievoca l’esilio del popolo ebraico in Babilonia.
In questo incedere doloroso, nella diaspora degli ebrei rivediamo i volti sofferenti dei migranti che approdano sulle nostre spiagge ( madri e bambini disperati in cerca di una vita migliore) o di deportati costretti a vivere senza libertà e oppressi. Esempi non ne mancano nel corso delle varie epoche. Non solo la più eclatante persecuzione degli Ebrei, ma anche il destino più silenzioso degli Armeni riconosciuto come genocidio soltanto negli anni più recenti.
Di fronte a tanta atrocità il Poeta tace, l’Uomo tace.
Le cetre rimangono appese e oscillano al vento. Il silenzio viene riempito dagli echi delle bombe e il vociare dei salotti si sostituisce al vuoto della nostra anima.
Le immagini di sangue si susseguono sera dopo sera in una quasi abitudinaria constatazione.
Assistiamo da vili spettatori, ma le parole non escono, la lingua è paralizzata di fronte a quel
“ qualcosa” che non doveva più avvenire.
Tra lo stupore ipocrita di una Storia non più ormai “Magistra vitae” , l’uomo continua ad andare incurante sulla strada che è sempre quella di Caino che una mattina disse al fratello : “ Andiamo in campagna!”
E tutto è iniziato da lì; difficile da estirpare la radice del Male perché l’Uomo è sempre lo stesso, desideroso di potere, di allargare i confini, di imporsi, di arricchirsi…
Non importa se tutto ciò ha un prezzo, il prezzo di vite umane!
Dov’è il Progresso? Nella conquista e nei viaggi nello spazio? Nel raggiungimento di alcuni diritti civili? Nella tecnologia sempre più avanzata?
Se questi sono i risultati, non c’è alcuna speranza e il filosofo Gianbattista Vico già nel Settecento non a caso parlava dei “corsi e ricorsi della storia”. Dalla “dispiegata ragione” gli uomini cadono nella “barbarie della riflessione” fino alla negazione di Dio: ecco noi oggi siamo ancora una volta ritornati in una nuova barbarie da cui ricomincia un nuovo “corso” della storia.

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