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Cibo, spreco, sostenibilità, strategie

Per Diritti e società, la proposta di oggi
Di Marina Agostinacchio

“La popolazione aumenta ma le risorse del nostro Pianeta scarseggiano: per sfamare 8 miliardi di persone serve un cambio di strategia e di mentalità. Ma c’è già chi sta lavorando alle soluzioni”

L’incipit di un articolo letto su Radar Magazine, offre l’occasione per una riflessione intorno all’alimentazione, in termini di disponibilità di cibo, di sbilanciamento tra i Paesi ricchi e i Paesi meno fortunati di noi, una riflessione su un cambio di rotta mentale circa il nostro porci di fronte al cibo e alle strategie cui ricorrere per salvarci tutti.
Anche perché… siamo davvero tanti.
Innanzitutto, penso allo spreco e la mente corre ai tempi, non tanto lontani, della scuola. Insegnavo anche in una classe a tempo normale e in una definita a “tempo prolungato” ; questo consisteva in un tempo orario distribuito tra mattina e prima parte del pomeriggio, con uno spazio assegnato a ricoprire il pranzo. Se dovessi dire quanto cibo ho visto buttare dai ragazzi che lasciavano nel piatto intere porzioni di primo e/o secondo, perché o non piaceva quanto veniva messo loro nel piatto, o non veniva neppure assaggiato, o per l’odore, a detta loro, non riconoscibile nella gamma di odori circoscritti al pasto famigliare, o per i colori del cibo stesso: troppo forti, troppo tenui, fuori da quelli conosciuti…
Neppure si poteva recuperare il cibo e portarlo alle associazioni che si prendono cura degli animali…
Suggerire, poi, alle addette alla mensa, di distribuire porzioni meno abbondanti nei piatti, era, a dir poco, insensato, poiché, mi veniva detto che la nutrizionista del Comune che sovrintendeva alle mense scolastiche dettava le quantità del cibo da somministrare ai ragazzi, (in base a tabelle “studiatissime e sperimentatissime,”) senza deroghe.
Bisognava , pensavo, rivedere, all’interno delle famiglie, l’educazione alimentare, troppo spesso delegata alla scuola. E forse questa riflessione vale ancora oggi.
“Dicono che senza una grande trasformazione di tutto il sistema alimentare il mondo non riuscirà a raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e neanche l’Accordo sul clima di Parigi”.
Produrre cibo, ai livelli attuali, è una delle cause principali della graduale scomparsa della biodiversità, del disfacimento “degli ecosistemi terrestri, del consumo e dell’inquinamento di acqua dolce”. Inoltre, il cibo prodotto a livelli eccessivi e per questo con il ricorso a tecniche sempre più sofisticate e additivi artificiali, è anche causa di malsana nutrizione, malattie croniche, morte.
Leggo poi che ci sono oltre 900 milioni di persone che vivono in stato di sottonutrizione. E il numero di chi soffre di fame pare stia crescendo a causa guerre e del cambiamento climatico.
Il circuito acqua-cibo-ambiente è origine di una dilatazione delle instabilità sociali.
Ma senza cibo potremmo vivere? E come ovviare ai problemi esposti?
In provincia di Rieti, si coltiva il cibo del futuro. Pomodori, insalata, basilico e ortaggi crescono biologicamente e sono garantiti tutto l’anno.
Leggo ancora che la coltivazione del riso è a rischio in Italia per carenza d’acqua; per diventare “sopportabile”, dovrà “metamorfizzarsi”, evolversi attraverso il ricorso a tecniche e so che in tal senso si sta sperimentando.
“Il cibo buono. C’è più gusto a nutrirsi bene” – Gribaudo editore- è il libro scritto da Antonella Viola e Daniele Nucci.
Nel libro vengono dati suggerimenti su come nutrirsi bene con cibi che fanno bene al corpo e alla mente e… al Pianeta, scegliere ingredienti a portata di mano, (ad esempio per noi quelli della nostra Dieta Mediterranea), vengono proposte esortazioni, conoscenze valide.
Insomma, La Viola e Nucci sembrano indicarci l’importanza del benessere della persona e la sostenibilità.

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