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Uomo donna, stereotipi e possibilità di sana convivenza

Di Marina Agostinacchio

Lo scorso maggio, i giornali hanno riportato una notizia che rimette al centro della nostra attenzione il problema dei femminicidi.
“Un autobomba fa strage in una scuola femminile di Kabul, oltre a centinaia di feriti, sono morte 50 studentesse”. Nel nostro civilissimo occidente si tende ad attribuire al solo Islam il senso di superiorità maschile che viene giustificato in nome di una naturale distinzione di sesso e di privilegio a favore dell’uomo, persino quando si tratta di omicidio.
Anche se in forme diverse, purtroppo la misoginia e le sue conseguenze non sono solo appannaggio delle culture per molti definite poco evolute; leggendo i giornali, girando il mondo, ascoltando i notiziari, scopriamo che il senso di appartenenza alla categoria degli individui maschi, biologicamente differenti dalle donne, garantisce atti discriminatori nei confronti delle stesse.
Con stupore – e per mia ignoranza – leggo poi di un fatto accaduto in Israele. Durante una cerimonia militare, alcuni soldati si allontanarono in modo volutamente ostentato perché alcune soldatesse cantavano e ciò era ritenuto inammissibile in quanto offesa alla società religiosa israeliana. Il tratto comune, in società religiose e laiche, sta in una matrice di “repulsione patologica” nei confronti della donna, anche se espressa attraverso modalità diverse di agire.

“Nudità e pudore” (ed. Qiqajon) è il libro di Delphine Horvilleurdi (una delle tre donne rabbino nel movimento del giudaismo liberale di Francia). Delphine inizia la sua riflessione dalla parola nudità, scavando nel suo significato.
Ma nudità è solo un termine applicabile all’essere donna, un termine e una visione appartenenti a una mentalità passata, in nome del quale si poteva e doveva giustificare qualsiasi atto maschile, qualsiasi suo comportamento repressivo, seppure sfumato e in climax ascendente? Potrebbe essere ritenuto valido anche oggi, quale fondamento etico della società odierna? Il riferimento della rabbina è alla religione, in particolare alle tra religioni monoteiste, che del pudore fanno un baluardo al pericoloso desiderio maschile; quindi il pudore sarebbe quell'”atteggiamento di naturale riserbo nei confronti di ciò che riguarda la sfera sessuale” e pertanto assurgerebbe ad elemento salvifico della donna.
Interessante la riflessione di Delphine: “Ne conseguono due cose: la prima è che la donna viene spazzata via dallo spazio pubblico; la seconda è che uomo e donna sono ridotti a organi: organo sessuale la donna, occhio l’uomo. Una visione che li umilia e amputa entrambi”.
Un’altra osservazione interessante della Horvilleur è quella relativa alla lingua ebraica in cui le parole vergogna e mancanza hanno un comune morfema. La vergogna, che spinge Adamo a coprirsi, quando viene scoperto con Eva da Dio, per avere mangiato il frutto proibito, (e “la cui colpa è un atto di sfiducia verso Dio e non di concupiscenza”) è stretta al concetto “di mancanza, di scissione e di separazione”. La donna è stata creata dal fianco di Adamo “perché in origine l’essere vivente è insieme maschile e femminile”, come anche confermato dalle teorie evolutive.
“Percependosi separati l’uno dall’altra saranno veramente nudi. È dall’esperienza della nudità che nasce la vergogna, coscienza della lacerazione e della mancanza”. Ma ciò, prosegue Delphine è anche presupposto dell’incontro, in quanto ci si può avvicinare a qualcuno solo se si è separati da questo qualcuno.
In un’altra osservazione della nostra Delphine, relativa all’interpretazione del testo sacro, nelle tre religioni monoteistiche, si parla di “paradosso delle interpretazioni letterali del testo biblico, sostenute molto spesso per affermare la giustezza della propria visione del mondo a scapito delle altre, con lo scopo di mantenere lo status quo politico o sociale”. Come dire una religione al servizio del potere.
Allontanandomi da quanto dice Delphine sulla nudità e il pudore applicati alla lettura della Bibbia,
passo a fare alcune considerazioni personali. Parto dal presupposto che l’uomo e la donna sono due manifestazioni del creato e che pertanto hanno pari dignità.
Il pensiero che ci stiamo costruendo in questi anni su quanto accade intorno a noi, ci porta a classificare l’uomo e la donna secondo questi concetti oppositivi: La donna occasione di tentazione, l’uomo rapace, incapace di controllo dei propri istinti. La donna si ribella, l’uomo non lo consente. La donna proprietà dell’uomo. L’uomo non rispetta la libertà decisionale della donna. L’uomo sommamente razionale, la donna sommamente emotiva-relazionale.
Nel passato abbiamo assistito a differenze di genere anche nel Cristianesimo. Se percorriamo la storia, troviamo quanta fatica abbiano fatto le donne nella società cristiana a trovare un posto dignitoso. Ricordo ad esempio i tempi non troppo millenari in cui le donne non potevano sedere in chiesa con gli uomini. Durante un viaggio con i miei genitori in una domenica in cui decidemmo di fermarci in un paesino del centro Italia per partecipare alla Messa, mia madre e noi due sorelle fummo mandate in uno spazio della chiesa apposito, lontane dal papà che sedeva in una zona assegnata ai maschi. Erano i primi anni 60.
E ancora potrei parlare di ricordi e racconti in cui le donne che avevano partorito, a causa del sangue (considerato segno di impurità) del parto e del periodo dei 40 giorni seguenti, non potevano assistere al battesimo dei loro figli.
Infine e non per poca considerazione di quanto accade ormai da anni nel nostro Paese, la misoginia cavalca con passi sempre più veloci i nostri giorni. Assistiamo a continui omicidi, atti di intolleranza, violenze fisiche per non parlare poi di quelle psicologiche, sottili, laceranti perpetrate sulle donne.
Vorrei finire questa dissertazione con una frase della nostra protagonista donna di oggi che ci ha fatto riflettere, dando voce a tutte noi con le sue considerazioni attente sull’essere donna.
A prescindere dal contesto religioso a cui le parole si riferiscono, personalmente in esse sento il respiro di profonda umanità espandersi. La donna è l’altra voce del mondo, capace di una parola di saggezza, profondità, visione unitaria delle cose.
“Per liberare la parola di Dio dalla misoginia e dagli errori degli uomini, è vitale ascoltare l’interpretazione dei testi sacri fatta dalle donne, in ogni tradizione religiosa. Finché non ci sarà anche la loro voce, qualunque visione di Dio sarà parziale e distorta, un vero pervertimento del disegno divino”.

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