Il racconto di un chicco di uva sultanina nello yoga con la consapevolezza dell’uso dei sensi.
Prendo un chicco di uva sultanina e lo tengo stretto tra il pollice e l’indice
Sento questo cosino piccolo rotolarsi tra le mie dita, lo sento morbido e un po’ rugoso
Chiudo gli occhi, lo metto nel palmo della mano, sento la sua consistenza e la sua pesantezza, che pesantezza poi non è, direi più leggerezza, ma il suo peso è perfetto per un chicco così.
L’ho ben soppesato, direi
Poi lo guardo, lo osservo, sembra una pallina con delle sfumature in controluce, ma di forma irregolare, un po’ ruvido al tatto, con dei piccoli solchetti e venature di colore diverso, che in trasparenza lasciano vedere i piccolissimi semi essiccasti all’interno
Lo riguardo di nuovo e anche se disidratato, mi sembra un po’ cicciottello
Mi è quasi simpatico questo acino
Però, ora lo voglio assaggiare
Con calma, lo porto alla bocca con il palmo della mano,
sento l’aria del mio respiro caldo che lo attraversa, sentendo il suo profumo
Poi, lo appoggio sulle labbra, percepisco la sua forma
Lo assaporo, masticandolo con dolcezza e consapevolezza, come se lo volessi ascoltare
Lo sento nel mio palato raccontare la sua storia, da quale vigna proviene
Nella mia bocca sprigiona tutto il gusto dolce e acidulo
Che lentamente svanisce.
Dolores B.
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