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Casalinghitudine

Casalinghitudine

 

Lei aspettava le ore serali per rassettare la casa: pigramente si alzava dal divano, dove si era accoccolata per un’ora lasciando la tavola abbandonata al momento della fine del pasto,  addormentandosi un poco mentre leggeva senza occhiali un libro dal telefonino. Il silenzio della casa e la preoccupazione per quel cibo, lasciato a riscaldarsi e incrostarsi sui piatti distesi sotto i riflettori del lampadario, le davano lo scatto per non sprofondare sul cuscino scomodo del divano in un sonno definitivo. 

Si alzava e strascicando i piedi cominciava a muoversi tra la cucina e il tinello come in una danza, calcolando quanti viaggi avrebbe dovuto fare per riportare ogni cosa apparecchiata al suo posto originario: risoluzione di problemi spaziali per riservare un posto alle posate nella lavapiatti quasi piena, progettazione di prelavaggio, studio delle procedure più funzionali per risparmiare acqua e detersivo, per creare spazi nuovi e asciutti sullo scolapiatti; lavaggio di pentole a mano, asciugatura; cercare un pezzo di cioccolata fondente nel cassetto delle spezie, per tirarsi su. In quei momenti, tutto il suo bisogno di affetto e di comprensione le chiedeva consolazioni per aver sottratto tempo ed energie a se stessa.

La scopa e la paletta prontamente raccoglievano i resti e le misere prove di quella cena.

Dall’angolo della cucina sbucava, però, la bacinella piena di indumenti umidi e profumati che la allontanavano dal suo riposo: la sua mente scattava alla ricerca di ulteriori spazi sullo stendino aperto, piegatura di maglie rimaste stese tutto il giorno al chiuso, giorni di pioggia, accumuli di biancheria ammassata nella cesta. Dopo il riordino delle camere dei ragazzi, c’era un rincorrersi di lavatrici bianche e nere, l’anticalcare… Le sue mani ruvide di freddo e detersivo, sapientemente studiavano l’organizzazione dei vestiti piegati, la distesa degli indumenti sui fili metallici per evitare la stiratura, la posizione di ogni capo per favorire la rapidità dell’asciugatura. Ogni cosa era illuminata dalla sua esperienza. Ogni cosa era fatta a dovere, nulla era intentato. Tutta concentrata al risparmio del tempo, intanto si perdeva fino a notte fonda in quell’incessante esercizio di stile, consapevole che la trama di quella tela sarebbe stata rapidamente disfatta il giorno successivo. 

 

Martina Ferraboschi

 

 

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