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Bocca di Rosa

Di A. R.
BOCCA DI ROSA DI FABRIZIO DE ANDRE’

Nel sentire e risentire la splendida ballata di Fabrizio De Andre’, uscita ormai nel lontano 1967, le parole prendono forma e diventano immagini.

La canzone, infatti, si presta benissimo ad essere divisa in sequenze come una poesia o un brano antologico, con le stesse modalità attraverso le quali le brave maestre insegnavano la chiave di lettura agli alunni per fissare più velocemente i concetti indispensabili ai fini delle narrazione per essere meglio ricordati.

Ebbene di fronte al testo di De Andrè le sequenze sono diverse: l’arrivo di Bocca di rosa nel paese di sant’Ilario, l’Amore che “elargiva” per passione, la reazione delle “cornute, i consigli delle comari e soprattutto di una vecchia che porta la questione a conoscenza dei gendarmi ( spingendo alla denuncia), la partenza di Bocca di rosa e una conclusione inaspettata secondo la logica della giustizia umana.

Molti sono stati gli scritti per individuare chi fosse realmente Bocca di rosa: una prostituta? O una donna che aveva portato gioia e amore in un paesino dove ormai si respirava solo noia e abitudine?

A conferma di quest’ultima tesi, infatti, è la parte finale : tutti sono tristi e piangono la sua partenza, dagli uomini delle istituzioni agli esponenti della Chiesa a tal punto che Bocca di rosa ritorna a far parte di quella comunità con il beneplacito generale.

Interessante la nemmeno troppo celata frecciatina di De Andrè riguardo l’Uomo che, al di là dell’abito che indossa, rimane sempre tale…con le sue debolezze …diciamo così.

Finora sembra quasi una storia normale, ma il tema centrale in realtà che colpisce è un altro ovvero l’ipocrisia e il perbenismo di cui ancora oggi la società è intrisa.

De Andrè ha tolto il velo scoprendo una società basata su falsità e fatta di sepolcri imbiancati, di mariti, di uomini in divisa e persino di Chiesa che tramano di nascosto e si mostrano poi onesti e onorati padri di famiglia.

Tutti pronti a giudicare la povera Bocca di rosa: dalle “ cagnette” legittimamente offese alle comari che vogliono cacciare la pietra dello scandalo.

Qui non si sta a difendere l’una o l’altra posizione e ciò che rende e attuale questa canzone è appunto la sua tematica.

Ancora oggi le convenzioni sono alla base dei rapporti sociali e il formalismo, spesso confuso con l’educazione, vige in ogni ambito. Per questo è molto difficile trovare una persona vera, un amico sincero e leale sia che si tratti di conoscenze, di colleghi o di parenti, in qualche caso.

Dalle alte sfere ad ambienti più modesti ( spesso non è una questione di ceto) si vuole apparire, in maniera sgradevolmente affettata, ciò che non si è.

Tutti vogliamo sembrare agli occhi degli altri migliori di quello che in realtà siamo perché temiamo il Giudizio come degli adolescenti che si nascondono dietro ad atteggiamenti, che a volte nemmeno loro riconoscono, ma che accettano per timore di essere derisi dal “branco” .

Ipocrisia, parola che deriva dal greco” hypókrisis” regna ormai sovrana e significa simulazione. Tant’è che un tempo era sinonimo di recitazione….

Cosa si vuole simulare oggi? Le persone ormai sono molto scaltre a fingere virtù e buoni sentimenti che in realtà non possiedono e solo un attento osservatore e conoscitore dell’animo umano riesce a carpire la loro ambiguità e vedere il doppio volto nel modo di essere e di agire.

Siamo sempre tentati di guardarci con gli occhi degli altri per prevenire eventuali giudizi negativi che ci farebbero sentire inadeguati, mentre abbiamo paura di guardarci con i nostri in quanto ci manca il coraggio di leggerci dentro e di accettarci, con i limiti e i difetti che caratterizzano ogni essere umano. Ancor di più la nostra debolezza esplode nell’incapacità di ammetterli, di palesarli e magari di saperci ironizzare sopra !

A noi piace apparire sempre a posto: belli, buoni, intelligenti, generosi, capaci, senza difetti…

In una parola PERFETTI.

E’ molto interessante scrutare lo sguardo dei commessi dei negozi più snob della città quando entri vestito in modo un po’ trascurato, magari in tuta e scarpe da ginnastica…

Tu sai cosa pensano, ma sei libero, libero dentro, libero dai preconcetti, sei te stesso. E in quel momento, in quei locali lussuosi tu sai che sei vero, che sei capace di sfidare chi vive nelle sovrastrutture mentali e leggi sui loro volti un sorriso tirato di compiacenza (come se bastasse un abito per dare valore ad un uomo!!!!).

Ma tutto ciò è niente di fronte al danno che l’Ipocrisia produce nei rapporti umani, anzi è l’antidoto affinché non se ne creino generando una società povera di sentimenti, di valori e vuota, i cui luccicchìi abbaglianti fanno sì che la vista non possa guardare oltre le apparenze.

Eppure il mondo gira intorno a bisbiglii, frasi dette e non dette, pettegolezzi, sguardi nascosti, frecciatine più o meno pungenti, allusioni…

E la signora benpensante, sfoggiando gioielli e pellicce, fa bella mostra di sé e prendendo a braccetto la sua amica con nonchalance controlla se il brillante che porta all’anulare ha più carati del suo.

Nel Vangelo di Matteo gli ipocriti sono coloro che ostentano l’atto dell’ elemosina e pregano per essere visti dagli altri e quando digiunano vogliono che il loro sacrificio traspaia dai loro volti.

Persino il sommo poeta, Dante Alighieri, pone gli ipocriti nell’Inferno ( canto XXIII, VI bolgia dell’VIII cerchio).

“Di fuor dorate son ma dentro tutte piombo”: così , secondo la legge del contrappasso, appaiono a Dante le anime macchiate di questa colpa. Vede queste, gravate da pesanti cappe di piombo ricoperte all’esterno di oro con il cappuccio che ricade loro sugli occhi E sì! Perché l’ipocrisia è davvero un peccato di cui noi volentieri ci dimentichiamo.

Nell’ambito letterario quando incontriamo personaggi del genere, noi ci poniamo subito in una posizione di condanna sperando che il manigoldo venga scoperto e condannato anche se questo non accade puntualmente.

Al contrario Molière pensa invece che l’ipocrisia sia un ‘arte che può portare grossi vantaggi. E su questo non vi sono dubbi.

Basti pensare al grandissimo Ludovico Ariosto che nel mitico viaggio di Astolfo sulla luna punta il dito su coloro che perdono la ragione nella vana speranza di essere protetti dai potenti signori attraverso adulazioni e ipocrisie.

Cosa non farebbero gli uomini, pur di raggiungere obiettivi e soddisfare interessi personali!

Il modo e le strategie non hanno poi così importanza!!!

Per fortuna il genere umano è vario e i punti di vista e le coscienze sono di diverse tipologie.

Ciò porta a sperare che non tutto si debba ridurre a calcolo e a falsità e che ancora oggi, da qualche parte e in qualche cuore palpiti almeno un briciolo di moralità, integrità e correttezza.

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