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Eventi inattesi

A volte mi pare di non esserci mai del tutto dentro la mia vita e questo talvolta mi salva. Mi salva quando qualche evento imprevisto mi sferza con violenza la pelle e mi scaraventa a terra. E allora scelgo di non stare al centro ma mi rifugio in un angolo del quadro, come se volessi nascondermi e osservo il tutto in una specie di deriva laterale, come se gli eventi non riguardassero me, ma un’altra persona rimasta fissamente e incautamente al centro del quadro. Persuasa che stare a lato mi possa preservare, illusa che la tempesta mi sfiorerà, senza travolgermi. E posso continuare a vivere fingendo che nulla sia accaduto.

Devo ammettere che questa lateralità minaccia spesso la mia vita anche quando le cose vanno bene.

Talvolta ho la sgradevole impressione che gli eventi irrompano nella mia esistenza senza preavviso e mi dibatto nella rete, nella struttura infida della ragnatela dove sono alternativamente mosca e ragno, ma senza una chiara consapevolezza e soprattutto senza possibilità di scelta, o almeno, così mi sembra.

Alcuni dicono che è sempre una questione di scelta e che l’uomo, esercitando questa opportunità, sia l’artefice del proprio destino e che, se solo fossimo capaci di uno sguardo più ampio e più limpido e di una consapevolezza maggiore, saremmo capaci di attrarre nella nostra vita proprio ciò che vorremmo, l’abbondanza verso cui aneliamo. Chissà, credo sia vero che i nostri desideri ci conducono là dove abbiamo bisogno di andare, ma spesso sono i nostri conflitti inconsci, i nodi irrisolti della nostra storia che ci conducono ad esplorare il nostro personale mondo degli inferi, popolato di fantasmi interiori che sembrano materializzarsi anche all’esterno.

La maggior parte delle volte sembra che gli eventi si producano al di là della nostra volontà, ma forse sono sottili volontà inconsce a produrli.

L’esistenza è possibilità. Vivere significa desiderare e creare opportunità in continuo e incessante mutamento. Non ci è consentito rimanere immobili. Raramente e per breve tempo ci è concessa una tregua.

Osservo le vite degli altri: progetti falliti, sogni in frantumi, speranze frustrate.

E mi sembra di scorgere le Moire che giocano col filo dell’esistenza di noi tutti che a tratti s’ingarbuglia tra le loro dita ossute di vecchie beffarde e forma dei nodi, a volte invece si passano il filo sinuoso e docile come una carezza.

Tutto è in equilibrio precario e il tessuto del nostro quotidiano è sempre minacciato da crepe e più o meno grandi lacerazioni.

O forse gli eventi sono dei che prendono le sembianze dell’inatteso, eventi che improvvisamente irrompono e fanno deviare il corso della nostra esistenza in modi imprevisti e felici: un’impennata della carriera professionale, la realizzazione di un progetto che riscuote un successo insperato, la nascita di un figlio, una bella amicizia o un amore che irradiano luce e gioia nella nostra vita.

Alcuni eventi invece squarciano la trama sottile del tessuto della nostra esistenza e arrestano bruscamente il nostro fluire tranquillo e indisturbato nella corrente della vita e ci obbligano ad una deviazione dolorosa. Siamo travolti da uno tsunami che rischia di spazzare via tutto quello in cui abbiamo creduto, che ci lascia prosciugati, attoniti e indifesi.

Oppure è qualcosa che non accade, qualcosa che desideriamo disperatamente, ma non si compie e la nostra esistenza si consuma nell’attesa estenuante di una grande occasione che forse non arriverà mai.

Destino o pura casualità gli eventi inaspettati capaci di scuotere le nostre vite oppure di farle sussultare appena? Forse né l’uno né l’altro, ma credo che l’ignoto possa aprire nuovi orizzonti e possibilità. Forse è la conferma che qualcosa in noi sta profondamente cambiando e siamo pronti ad una svolta.

Da parte mia vorrei essere capace di lasciarmi andare nel fluire tumultuoso del fiume della vita che, sebbene sia la mia, mi pare di non controllare affatto.

Vorrei essere capace dialogare col divino, un dialogo incessante ad una voce sola, ma la mia voce non ha importanza. Vorrei ascoltare la voce degli dei e delle dee, la vita che mi parla sussurrandomi dolcemente all’orecchio oppure dandomi un sonoro schiaffo sulla guancia, vorrei essere in grado di scegliere il coraggio e la fiducia anche nei momenti più duri perché anche donarsi alla vita senza riserve è una forma di amore.

E come recitano i versi di Rilke:

Bisogna, alle cose

lasciare la propria quieta, indisturbata

evoluzione

che viene dal loro interno

e che da niente può essere forzata o

accelerata.

Tutto è: portare a compimento la gestazione

-e poi dare alla luce…

.

Bisogna avere pazienza

verso le irresolutezze del cuore

e cercare di amare le domande,

forse, piano piano, si finisce,

senza accorgersene,

col vivere dentro le risposte

celate in un giorno che non sappiamo.

Rainer Maria Rilke, 1903

testo di Daniela Lucchesi

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