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Sabato una voce per il teatro: il Monologo di Santuzza, da “Cavalleria Rusticana”

Anna Arbore interpreta per noi il Monologo di Santuzza, da “Cavalleria Rusticana” di Giovanni Verga
Breve introduzione di Marina Agostinacchio

Ascolta al link: https://anchor.fm/lastanzadellevoci/episodes/Anna-Arbore-interpreta-per-noi-il-Monologo-di-Santuzza-e1mej1r

Il personaggio di Santuzza nell’opera teatrale ha molto spazio, al contrario di quanto avviene nella versione del racconto. Giovanni Verga ha dato maggior rilevanza a Santuzza, alla sua inquietudine di donna sedotta e abbandonata per assecondare maggiormente le preferenze del pubblico borghese del teatro del tempo.
Il focus nella versione teatrale è tutto rivolto allo stato d’animo della donna, a quei sentimenti poco gestibili, perché tradita e abbandonata, inoltre rimasta incinta di Turiddu.
Tutto ciò pone Santuzza al confine col primitivo, ricolma di sentimenti che rendono l’uomo un animale crudele e brutale.
Teniamo presente, infine, che nella Sicilia di fine ottocento una ragazza madri veniva emarginata dalla società.

Testo
Il Testo del Monologo
Scena I

Lo so, che si affacciava ogni volta, quando lo vedeva passare dinanzi
la mia porta, e me lo rubava cogli occhi quella scomunicata! e cercava di
attaccar discorso con lui anche! – Compare Turiddu, che ci venite a fare da
queste parti? Non lo sapete che non ci fu la volontà di Dio? Ora lasciatemi
stare che son di mio marito. – La volontà di Dio era per tentarlo! Egli si
metteva a cantare sotto la mia finestra per far dispetto a lei che s’era ma-
ritata con un altro. Tanto è vero che l’amore antico non si scorda più. Io
come lo sentivo cantare, quel cristiano, sembrava che il cuore mi scappasse
via dal petto. Ero pazza, sì! Come potevo dir di no, quand’egli mi pregava:
– Apri, Santuzza, s’è vero che mi vuoi bene!… – Come potevo? Allora gli
dissi: – Sentite, compare Turiddu, giuratemi innanzi a Dio, prima! – Egli
giurò. Dopo, come lo seppe lei, quella mala femmina, diventò gelosa a
morte; e si mise in testa di rubarmelo. Mi cambiò Turiddu di qua a qua (col
gesto della mano). Egli nega, perché gli faccio compassione; ma d’amore non
mi ama più!… Ora che sono in questo stato… che i miei fratelli quando lo
sapranno m’ammazzano colle sue mani stesse!
Ma di ciò non m’importa.
Se Turiddu non volesse bene a quell’altra, morirei contenta. Ieri sera venne
a dirmi: – Addio, vado per un servizio. – Colla faccia tanto buona! Signore!
com’è possibile avere in core il tradimento di Giuda con quella faccia?
Più tardi una vicina che veniva pel filato mi disse di aver visto compare
Turiddu lì dalle nostre parti, dinanzi all’uscio della gnà Lola.

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