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La magia di un goal- Speranza senza staccare i piedi da terra

di Marina Agostinacchio

Scompagino la scaletta dei “pezzi” che avevo pensato di inserire nel blog.
Questo lunedì 12 luglio è diverso se la telecronaca di ieri me la fa mio figlio al risveglio dopo una notte “corta”, passata a vedere nel maxischermo approntato nel verde che attornia la palestra dove si allena e allena ragazzi di ambo i sessi, in media tra i 18 e i 35 anni a pallavolo.
Dagli occhi di mio figlio, dei miei figli – il terzogenito era con lui, la narrazione procede fluida, tra un goal, una “sofferenza”, nostra, e un tener palla e gioco coraggioso, bello fino all’ultimo.
C’è però un oltre nel racconto, corredato da riprese dal vivo fatte col cellulare, c’è un voler credere a tutti i costi che la vita è tornata a “Volare” alta, un po’ per esorcizzare l’incognita dell’autunno prossimo, un po’ perché la giovane età ha bisogno di credere, darsi un progetto, una speranza, per tratteggiare i nostri sogni, prefigurarsi mete. E così tutto quanto accade ed è accaduto intorno risulta una pagina da voltare, almeno per il tempo dell’esultazione.
“La vita innaturale”, questo potrebbe essere l’incipit di un romanzo in cui si snodano i giorni del covid.
Esistenza priva di senso, mortificata, costretta tra le pareti domestiche, sia pur lavorando, esistenza spesso castrata nelle espressioni più naturali dell’amore in senso lato, in nome di un nemico, senza occhi, né volto, di cui in molti casi è difficile comprendere fino in fondo il pericolo.
Con Gianluigi, Martina, Bruna, Roberto… (do nomi inventati per rispettare la privacy), la serata ha dato la possibilità di ricucire un telo strappato dagli eventi; esultare insieme, forare lo schermo, abbracciare i “ragazzi” che hanno regalato il sogno di una ripresa di vita, partita dopo partita, fino alla finale di ieri.
Speranza deriva dalla radice sanscrita spa: “tendere verso una meta”, speranza è una tensione dello spirito verso un ignoto che proprio in quanto tale è spinta a immaginare un indefinibile motivo per proseguire a passo svelto e leggero il cammino. Speranza ha in sé una carica di emozioni forti dove entusiasmo, fermezza e dinamismo trovano dimora. Speranza porta con sé l’idea di un viaggio dove noi accumuliamo quello che siamo e che vorremmo diventare, dove la realtà diventa occasione di riscatto, anche solo sognando.
Leggo che “secondo i neurologi, nell’ipotalamo del cervello risiede ciò che alcuni scienziati chiamano il ‘circuito della ricerca’. Piacere e felicità vivono in questo svolgimento di ricerca.
L’esperienza, accumulata con gli anni, fa viaggiare per sottrazione le sensazioni positive; il magazzino della speranza si esaurisce in modo inversamente proporzione all’aumento di conoscenza, consapevolezza, saggezza, maturità…
Secondo Gilbert Keith Chesterton, “se c’è una cosa che dà splendore all’esistenza, è la speranza di trovare qualcosa dietro l’angolo“
A me è sembrato quasi un monito questa mattina la parola alta e bella di mio figlio.
E’ sembrato come se inconsapevolmente volesse indicarmi una strada.
Sperare non ha età, coltiva nel tuo spirito fiducia, desiderio, motivazione, ottimismo, senza per questo “staccare i piedi da terra”.

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