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La cartella e altro…

Di Dolores Biasiolo

Introduzione di Marina Agostinacchio
Riannodare i fili del passato attraverso i sensi. Dolores Biasiolo ci presenta due testi elegantemente cuciti con le parole. Suoni, odori, sensazioni tattili emergono come in un adagio felice e malinconico.

La mia cartella
Quella cartella in crosta per la prima elementare che poi si trasformava in un acquisto di cuoio se eri promossa alla seconda classe…

Aveva un manico cicciottello tutto cucito a mano da mani sapienti ed esperte eppure il bordo…

Aveva una chiusura a scatto dove la premevi e la facevi scivolare per aprirla…

Di colore marrone ,fuori una consistenza morbida, dentro grezza più rugosa e ruvida…

Emanava un profumo di pelle perfino a lunghe distanze…

Dentro due libri avvolti con la carta per preservarli, uno di lettura e un sussidiario con argomenti di altre materie: scienze, storia, matematica…

Dentro un astuccio cucito a mano da mamma dove c’era una matita nera una gomma, una penna stilografica e 12 colori di legno profumato…

Poi i quaderni sempre ben ordinati ed il diario…

Al mattino mi accompagnava verso la scuola percorrendo la strada con altri compagni più grandi e la tappa era verso il panificio che si trovava lungo la strada dove ci compravamo un panino fumante all’uvetta sultanina che subito andava riposto all’interno ben incartato per non sporcare niente…

Era sempre con me sotto al banco o appesa al gancio bisognava trattarla bene costava soldini e per noi figli di operai era un lusso.

Veniva lucidata e riparata in caso di rotture e doveva durare minimo fino alla quinta elementare quando invece non dovevi passarla al fratello minore.

Io me la ricordo ancora seppur sono passati molti anni e mi sembra di sentire ancora l’odore piacevole che emanava.

Il violoncello

Caro violoncello compagno di giorni felici ma anche critici per non riuscire a prendere le note alla perfezione…
O trovarle adatte e adeguate per i miei componimenti…
Amico fedele e inseparabile addirittura da parlarti e darti un nome …
Come ho fatto io trasognato e assorto con i miei pensieri musicali di note leggere e dolci a lasciarti vicino al binario nella foga e nella confusione nel prendere il treno…
Ti ho abbandonato …
Come ho potuto…
Ti porgo la mano, il braccio, mi allungo, ma non riesco ad afferrarti …
Ti ho perso, come ho perso le mie note sul pentagramma, che ora è bianco e vuoto.

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